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IL NOSTRO PATRIMONIO SOTT’ACQUA

Il nostro Paese è una miniera di tesori artistici e culturali, tanto che per noi è normale vivere circondati di bellezza, tanto normale che nemmeno ce ne rendiamo conto. E se tutto questo sparisse?

Il patrimonio di un Paese, e quindi delle sue città, è qualcosa di meraviglioso ma anche di fragile, come ci ha insegnato a capire quel che è accaduto a Venezia lo scorso autunno.

La notte del 12 novembre, la marea ha incominciato ad alzarsi, allagando così tutta la città della laguna. La Basilica di San Marco è stata la più colpita da questa “apocalisse”, e diversi dettagli hanno subito danni a causa dell’acqua salata, come ad esempio i preziosi mosaici. Anche le antiche vetrerie di Murano sono state inondate, distruggendo gioielli importanti e pezzi unici.

Ma il dramma subito dall’arte non è stato il solo schiaffo alla città: anche tanti piccoli imprenditori hanno subito tremendi danni, come Hama Rashid, che la notte del disastro ha perso più di 600 maschere tradizionali del Carnevale che la sua bottega confeziona per clienti di tutto il mondo. Anche Giovanni Pelizzato, libraio e bibliotecario, ha visto galleggiare intere collane di libri, tra cui alcuni volumi di valore inestimabile. All’arsenale, falegnami e gondolieri sono al lavoro per recuperare tante gondole ferite dall’acqua. Alberto Della Toffola ad esempio ha passato giorni a cercare di ritrovare dei pezzi di legno per ricostruire alcune delle gondole distrutte, recuperando il legno che viene dalla Slovenia e che è difficile trovare.

Le case sono state allagate, i bancomat saltati, degli edifici hanno chiuso o hanno annullato tutti gli eventi in programma.

Protagonista di molte foto di questa odissea veneziana è stato il taxi 309, lanciato dall’acqua dentro la reception del lussuoso hotel Danieli. Adesso è ancora lì, che aspetta di essere rimosso; intanto i turisti lo ammirano come un monumento.

E poi ci sono i problemi delle persone qualunque e dei danni che l’acqua “granda” ha portato nella loro vita: le case allagate, l’ospedale da raggiungere, la spesa da fare, ma anche il funerale da preparare: sì, perché alcune persone sono morte, come Giannino Scarpa, morto folgorato mentre cercava di staccare la spina del frigorifero, oppure un pensionato che ha perso la vita per un infarto cardiaco.

Ma se il Mose avesse funzionato, una parte dei danni avrebbe potuto essere evitata?  Come potremo prevenire e gestire la prossima acqua alta, in una città che da sempre ci convive e che oggi, con i cambiamenti climatici, sembra non più capace di fronteggiarla?

Martina Bettoni

Ekaterina Gidioi

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