PARLANDO D'ARTE CON ANDREA MARICONTI
Le sue opere in mostra al Palazzo dei Principi ci avevano colpiti profondamente, tanto che ne avevamo tratto spunti per discussioni. Ne è nata la curiosità di approfondire la conoscenza del loro autore, così ci siamo fatti coraggio e lo abbiamo contattato per porgli qualche domanda. Queste sono le sue risposte.
Da dove prende l’ispirazione per i suoi lavori? Fonte, spunto, pretesto da cui solitamente nasce la sua creatività?
Dalla Natura solitamente. Ma tutto parte dallo sguardo, dalle percezioni umane. Il saper percepire coi sensi il mondo che ci circonda. Lo spunto può venire da qualsiasi cosa ma sapere allenare l'ispirazione è una pratica quotidiana. Osservare veramente le cose con i nostri occhi è la cosa più importante.
Quando ha capito di avere una particolare inclinazione per il fare arte? E qual è stata l’occasione che le ha permesso di scoprirlo definitivamente?
Bellissima domanda. Ho disegnato da sempre. Ricordo che da piccolo ero affascinato dai cartoni animati, come tutti i bambini, solo col tempo ho imparato che io osservavo gli sfondi ad acquarello, i segni che delineavano un viso, la resa cromatica della trasparenza di un cielo. Nell'adolescenza ho disegnato tutto quello che avevo di fronte. Senza giudicare. Copiavo davvero tutto, il foglio e la magica complicità tra occhio e mente, diveniva per me il settimo senso. Un nuovo osservare. Un osservare creativo.
La nostra classe si è recata a visitare la Mostra di Pittura “Premio Città di Bozzolo” e, nel corso della visita, la maggior parte di noi è stata particolarmente colpita dalla Sua opera “KERAMOS KHALKOS”, che ci ha trasmesso diverse emozioni. Qual era invece il Suo intento nel momento in cui l’ha realizzata? Qual è il suo messaggio? A colpirci è stato anche lo stesso titolo, in greco. Perché si è rivolto ad una lingua antica e qual è il significato di quest’opera così titolata?
Il campo è per me un soggetto ricorsivo. Ricorre perché legato alla mia memoria. È un paesaggio in cui il passaggio dell'uomo è percepibile solo grazie all'organizzazione disordinata delle balle di fieno. Disordinata. Ma a suo modo regolata dalla ferrea prospettiva della pianura. Si può dire che quello n soggetto è un soggetto naturale? In realtà no. È molto più artificiale di quanto appaia.
Keramos sta per Terra Bruciata, Terra da ardere. Ed è l'etimologia di Ceramica.
Kalcos è in greco il rame.
Uso il greco perché avevo bisogno di un nome arcaico, che ponesse l'attenzione sulle origini della forma quasi in maniera archetipica. Il dipinto è interamente realizzato con terra e ossido di rame.
Come è organizzata la Sua giornata lavorativa? Segue una routine precisa, è abitudinario o invece attende l’ispirazione?
Fino a poco tempo fa ero sempre in studio. Il lavoro dell'artista è sempre stato molto solitario e di routine. Lo dimostra la storia dell'arte. Mi alzo, accendo la stufa in laboratorio, mi bevo un caffè o un mate, e leggo una pagina di un buon libro. Di carta. Poi lavo i pennelli, preparo i colori della giornata, leggo mail e organizzo i progetti in corso. A quel punto inizio a lavorare. Ci vuole sempre una certa ritualità nell'arte, è essenziale perché le cose emergano con efficacia.
Lei oggi è un professionista dell’arte. Il lato strettamente lavorativo, e quindi anche il suo inevitabile risvolto economico, crede che abbiano condizionato il suo modo di creare, la sua creatività?
Dopo anni di lavoro con gallerie mi sto prendendo una pausa da questo sistema. Sono un professionista perché conosco il mio lavoro, lo so esporre, lo vivo e lo comunico ai miei studenti in Accademia. Il risvolto economico in questo settore non ê mai così determinante, almeno a certi livelli, a tal punto da stravolgere l'autenticità della ricerca. Se lo facesse non mi reputerei un buon artista.
Cosa ama in particolare del suo lavoro?
Del mio lavoro amo tutto quello che avviene nel laboratorio. Il profumo dei colori, il contatto costante con i materiali in trasmutazione. La cosa che forse amo di più è vedere crescere e svilupparsi un progetto. Vederlo evolversi, cambiare, fermarsi, rifiorire. Credo davvero che l'arte sia una delle discipline più nobili e libere. L'arte crea legami, apre nuove porte, pone in relazione creativa gli esseri umani e i materiali.
Che cosa significa per lei essere artista? Qual è secondo lei il ruolo dell’artista nella nostra società?
Io credo nell'Arte tutta. Credo che l'essere umano sia stato artista fin dai primordi. Credo che dal Neanderthal in poi l'uomo non abbia mai interrotto il medesimo cammino di ricerca artistica. L'arte prosegue ininterrotta dalle grotte di Lascaux fino ad Anselm Kiefer, e ancora oggi fino a noi. L'artista, quando autentico, è da sempre una figura di mezzo. Capace di una 'mediazione' tra una realtà data e una ancora da venire. Credo che l'arte autentica abbia permesso nei secoli un reale e tangibile scatto evolutivo del genere umano. Solo gli uomini, tra tutti gli animali, generano arte.
Lei trova che l’arte possa diventare un modo indiretto per comunicare con l’osservatore?
L'arteterapia fonda le sue basi su questo. È anche e soprattutto comunicazione intima non verbale della memoria e delle percezioni.
Di quale sua opera va più fiero?
Difficile dirlo. Probabilmente della prossima :)
In questo momento della sua vita, si sente realizzato?
Ho due figli piccoli. Vivo di arte in varie forme. Vorrei avere più tempo, ma nel complesso sì. Anche se Realizzato mi sa di qualcosa di statico. Mi sembra che implichi il fermarsi, bloccarsi. Io credo che un ricercatore in ambito artistico non si fermi mai. E in questo forse è sano che non si senta mai Realizzato.
Andrea Vittorio Mariconti
Vittoria Baboni
Lucrezia Finardi
Chiara Durantini